lunedì 27 agosto 2012

Cinquanta sfumature di INVIDIA, NOIA, ESASPERAZIONE

Mi ero ripromessa di non fare commenti su Cinquanta sfumature finchè non avessi letto tutti e tre i libri. Ieri ho finito l'ultimo. Preparati E. L. James, non avrò pietà per te.
Il primo l'ho comprato al mare e l'ho iniziato sotto l'ombrellone (questo già fa capire che non mi aspettavo granchè)...mi era stato venduto (cioè tutte le donne del mondo lo dicevano) come un libro erotico.
Le questioni sono due
1. o io ho gusti molto elevati in fatto di erotismo, il che può essere, avendo letto Fanny della Jong a 12 anni (rubato a mia sorella) e ovviamente anche Fanny Hill di Cleland, non ci facciamo mancare niente, e avendo continuato per queta strada negli ultimi dieci anni...
2. buona parte di queste donne sono sessualmente frustrate e hanno poca fantasia (o amanti poco collaborativi)
Non è erotico, è pornografico! L'erotismo è una cosa sottile...i più bei libri erotici quasi non raccontano niente del sesso...anzi lo lasciano solo immaginare che è anche meglio...o comunque non lo tirano in ballo ogni tre per due...
Non è umanamente pensabile che questi ceffi facciano 5 round a notte TUTTE LE NOTTI! Lei avrà finito le scorte di vagisil di tutte le farmacie vicine!
Il peccato è che la storia di per sè stessa è anche carina...le avventure di queste povera donna (insipida e ingenua...ma dove vivi?) che conosce lo stronzo megalomane Gray è anche avvincente...
Anche il modo in cui è scritto, a metà tra un armony e la Kinsella, è interessante, peccato che dal primo al terzo libro lo stile verta sempre più sul lezioso e il banale...
E poi...ci sta che lui qui abbia tutti i suoi complessi a causa della sua storia personale ecc...però NON ESISTE CHE TU, DONNA DOTATA DI UNA CERTA CULTURA E INTELLIGENZA CHE VIVI NEL 2011, TI FACCIA TRATTARE IN QUESTO MODO! Gray è l'esemplare peggiore di maschio che può capitare: è GELOSO, MEGALOMANE, MANIACO DEL CONTROLLO, LUNATICO, SEMPRE ARRAPATO (ok, non è sto gran difetto, ma a lungo andare è logorante), SI INCAZZA SE NON GLI UBBIDISCI (non ha capito proprio), TI TERREBBE VOLENTIERI A CASA DA LAVORARE, TI FA REGALI COSTOSI SOLO PER FAR VEDERE CHE SE LI PUò PERMETTERE...ma scherziamo????
Ok, è anche ricco sfondato, ti chiede di sposarlo dopo 2 mesi, quando vuole è romantico...ma tutto il pacchetto non si può!
Potrei scomettere che la James ha messo in bocca a Grey (quando è nella versione buona) tutto ciò che dovrebbe dire l'uomo ideale (e senza spina dorsale), visto il livello di romanticismo melenso e parole che vorrebbero essere trasgressive o eccitanti, ma che alla fine risultano scontate o dissacranti (se uno mi dice certe cose a letto o gli rido in faccia o gli tiro un pugno...)
Arrivare alla fine, e ci volevo arrivare perchè, ripeto, la storia è carina, è angosciante...ogni volta che fanno l'amore (cioè sempre) è l'ennesima ondata di noia...
E poi, doveva essere così trasgressivo, con tutti quei giochi erotici, le fruste ecc...e poi dice pochissimo...Così non vale...

venerdì 24 agosto 2012

Cinema e letteratura made in China...il fascino delle lanterne rosse

Sono sempre stata incredibilmente attratta dall'oriente...dalla Cina per esempio.
Credo sia particolarmente interessante il fatto che un regime autoritario, iperconservatore e statico come il fu sistema imperiale sia riuscito a produrre grandiose opere d'arte, d'architettura e raffinatissime espressioni culturali, molte delle quali distrutte o accantonate con la rivoluzione culturale. Ma io non sono qui a fare politica.
Un'eco degli antichi fasti si può rintracciare in Addio mia concubina (1993) di Chen Kaige: tre personaggi per una storia raffinata, che lascia l'amaro in bocca. Al centro del triangolo amoroso troviamo Duan Xiaolou, cantante e attore, che è amato platonicamente e istericamente da Cheng Dieyi, suo partner in scena, e carnalmente desiderato dalla prostituta Juxian. Se da una parte Xiaolou rivela una mentalità aperta (sposa Juxian e prova un affetto fraterno nei confronti di Dieyi, pur conoscendo i suoi veri sentimenti), alla fine l'avranno vinta il suo egoismo e la sua paura: in pericolo a causa dei rivolgimenti politici del paese, non esita a rinnegare la sua vita e la sua arte, causando l'inevitab ile tragedia finale.
 Il titolo, Addio mia concubina, deriva dall'opera lirica che insistentemente viene riproposta dai due attori in scena: il compianto Leslie Cheung interpreta magistralmente il suo ruolo femminile, facendoci capire quanto a suo agio sia dietro la maschera della concubina. Un'affresco triste e prezioso su un mondo, la ricca ed esageratamente curata lirica cinese, che non tornerà più.
Lanterne rosse (1991) è forse il capolavoro del regista Zhāng Yìmóu,più conosciuto al pubblico per lo sboronissimo La foresta dei pugnali volanti (che personalmente non mi ha fatto impazzire).
Gong Li è Songlian, quarta moglie di un ricco nobile, nella Cina degli anni '20. Nella cornice elegante ed asfissiante della grande casa, si consumano le gelosie e le prepotenze di queste donne, la cui sola ragione di vita è ottenere le lanterne rosse, segno del favore del loro signore.
Se nel libro Mogli e concubine di Su Tong, da cui il film è tratto, venivano messi maggiormente in risalto l'interiorità e i pensieri di Songlian, il regista mette l'accento sui rapporti di rivalità tra le mogli e la lotta per il prestigio, che porterà solo morte e follia.
Con Amy Tam ci spostiamo sull'altro lato del Pacifico: statunitense ma di origini cinesi, è l'autrice di un toccante romanzo al femminile, Il circolo della fortuna e della felicità, da cui è stato tratto un (ahimè) non troppo famoso film nel 1993, diretto da Wayne Wang.
Il circolo della fortuna e della felicità riunisce quattro donne cinesi, emigrate negli Stati Uniti in seguito ai dolori e alle delusioni patite in patria: durante la guerra Suyuan, credendosi vicina alla morte, ha abbandonato le sue due gemelline sperando di garantire loro un futuro migliore; Lindo è riuscita con furbizia e destrezza a sottrarsi a un matrimonio combinato; Am-Mei ha vendicato la madre ingannata e disonorata e Ying-Ying è scappata dal crudele marito, perdendo però il suo bambino.
Anni dopo le loro figlie, nate e cresciute in America, più o meno felici o di successo ma comunque integrate nella loro società, ritrovano sè stesse e il proprio valore nei racconti sofferti delle madri.
Una dimostrazione della forza e della pazienza delle donne.

martedì 21 agosto 2012

Apprezziamo il cacciatore e la strega...ma Biancaneve non è all'altezza...

Capita a tutti di lasciarsi convincere ad andare al cinema a vedere un film di cui avrebbero volentieri fatto a meno. Dopo qualche capriccio interiore e la seria considerazione di aggregarmi ai maschietti per I Mercenari 2 (almeno lì lo sai già cosa stai per guardare) ho seguito le femminucce.
Film in questione: Biancaneve e il cacciatore.
Mi sono detta: Katia, dai una possibilità a questo film, magari non è brutto, c'è la Theron, c'è quel bel ragazzo di Thor...il problema era Kristen Stewart: da buona Harrypotteriana incallita, lei è Tabù.
Non fidatevi di chi ama sia Harry Potter che Twilight: il suo cuore non è sincero.
Comunque...l'idea di rivedere una fiaba in chiave gotica non è male: il buonismo Disney ormai ha stancato, e ci si avvicina di più alle tetre e agghiaccianti atmosfere dell'originale dei Grimm.
La strega cattiva (Charlize Theron) oltre ad essere una gnocca stratosferica, avere un guardaroba da fare invidia a Carrie Bradshaw e farsi il bagno nel latte misto vinavil (ricetta di bellezza di Giovanni Muciaccia), è VERAMENTE cattiva e poi si chiama Ravenna, il chè è apprezzabile.
Il cacciatore convince bene nella parte del cialtrone ubriaco e sborone, dopotutto è Chris Hemsworth, si è tolto la parrucca bionda ed è un piacere per gli occhi.
I nani sono un sacco simpatici, picchiano come dei dannati, sono del numero sbagliato, prendono in giro i loro colleghi Disney e fanno volentieri ricorso alla scatologia.
Bene, di chi mi sono dimenticata? Ah sì...Biancaneve...
Le intenzioni erano buone, davvero, ma cavolo...quella donna lì è monoespressione...
Il personaggio era carino, è bella una Biancaneve che scappa e impara a tirar di spada invece di pulire e fare le crostate...ma lei non ce la può fare...anche il discorso finale alla William Wallace (o alla Aragorn, come volete) non è credibile...ne devi mangiare ancora un bel po' di pappa...
E soprattutto, lei è carina, ma non regge il confronto con la regina..."Io sono la più bella del reame!" "No ciccia, io sono Charlize Theron al massimo del mio splendore nonostante abbia quasi 40 anni, NON CREDO PROPRIO TU SIA PIù BELLA DI ME".
E con questo ho detto tutto. Unica consolazione, il cacciatore non è diventato re.


lunedì 13 agosto 2012

Ognuno ha i suoi brutti vizi...io guardo Terra Nostra

Ebbene sì, lo ammetto. Sono una patita di Terra Nostra.
E sono consapevole di quanto poco edificante sia la cosa. Un po' come le sigarette, che sai che fanno male ma non riesci a smettere. Bene, io non fumo, non bevo (tanto), non mi drogo (anche se a volte sembra...)...però guardo Terra Nostra.
Per chi non avesse avuto il piacere, Terra Nostra è una telenovela brasiliana di 12 anni fa, che come intreccio ricorda un po' Beautiful però qui la gente ha età verosimili (secondo i miei calcoli Brooke ormai dovrebbe avere quasi 60 annio e ne dimostra 45...contro l'operazione di SORAS applicata a tutti i ragazzini che invecchiano di 15 anni in una puntata...mah!!!).
Comunque, tornando a noi, Terra Nostra è la storia di un gruppo di emigranti italiani che a fine '800 parte a cercare fortuna in Brasile; sulla nave si incontrano e si innamorano Giuliana (Ana Paula Arosio) e Matteo (Thiago Lacerda), ma all'arrivo vengono separati e non riusciranno a coronare il loro sogno d'amore se non dopo mille peripezie, matrimoni e figli con altri, coincidenze assurde come tutte le telenovele e una buona dose di disperazione.
Il mio innamoramento è stato probabilmente causato dal fatto che quando lo hanno trasmesso per la prima volta avevo 10 anni, ed ero rimasta affascinata da costumi e ambientazioni, che erano stati ricreati veramente bene.
Tra l'altro, la serie è composta da 221 (scusate se è poco) puntate da 1h, una mole di lavoro immenso che probabilmente ha richiesto un sacco di tempo e un sacco di soldi. Non è fatta al risparmio e si vede.
La storia, per quanto strappalacrime e giustamente melensa (ma neanche così tanto), regge molto bene, i personaggi sono tanti ma tutti hanno una loro collocazione, un proprio carattere e non sono statici, tutti evolvono (di solito in bene) nel corso della vicenda.
Le battute di spirito e le occasioni per farsi una rista non mancano e sono anzi necessari per tenere in equilibrio una storia così complessa.
Vengono affrontati anche argomenti spinosi, come il divorzio e la schiavitù, ma ci sono anche tematiche molto belle, come la storia d'amore tra il signor Francesco e Paola, di 30 anni più giovane, e la ritrovata intesa tra i coniugi Telles de Aranha che li porterà ad avere l'agognato figlio maschio quando sono oramai nonni.
Certo sono presenti tutti quegli espedienti tipici delle soap, come i personaggi che ripetono fino allo sfinimento ciò che è successo (per fare riepilogo a beneficio del pubblico), due o tre frasi ad effetto per puntata e in chiusura colpo di scena o gran monologhi filosofici.
Però tutto sommato è carino e può anche insegnare delle cose, è piacevole da vedere e dopo un po' comincerete a rivolgervi alla gente usando espressioni come "Mio caro amico" o "Maledetto" e "Caspita!".
Sì lo so, ho bisogno di una vacanza!

giovedì 9 agosto 2012

Quando Jack dà i numeri: Forman, Kubrick, Burton

Jack Nicholson è considerato uno dei più grandi attori del novecento. Fin qui tutti d'accordo.
Ha ottenuto il maggior numero di nomination all'oscar (12), vincendone 2 come attore protagonista con Qualcuno volò sul nido del cuculo e Qualcosa è cambiato (1998) e 1 come non protagonista con Voglia di tenerezza (1984).
Forse a causa della sua bravura nell'interpretazione di ruoli difficili, forse per la sua faccia tutta particolare, fatto sta che i suoi personaggi meglio riusciti non sono mai tutti a casa.
Tre esempi: Randle McMurphy, Jack Torrance e il Joker.
In Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) di Milos Forman, è un detenuto, finito in un ospedale psichiatrico per essere vagliato. I medici infatti sospettano che stia solo fingendo di essere pazzo per evitare i lavori forzati. Quello che Randle non sa è che, se risultasse malato, potrebbe essere trattenuto in ospedale a tempo indefinito.
Per questo, invece di starsene buono, si comporta da sovversivo e cerca di scuotere gli animi degli altri pazienti, esortandoli a ribellarsi ai metodi disumani con cui vengono trattati e alle angherie psicologiche dell'infermiera Ratched. Quando alla fine, dopo un festino e un tentativo fallito di fuga, la Ratched provoca il suicidio di Billy, ragazzo fragile e amico di Randle, questo si avventa su di lei e per poco non la uccide. Considerato ormai incontrollabile, viene sottoposto a lobotomia; il finto sordomuto indiano, "Grande capo" Bromden, con cui Randle aveva in programma di scappare in Canada, non vuole abbandonarlo in quelle condizioni: lo soffoca con un cuscino, poi sfonda la finestra e si allontana nella notte. Come abbiamo già detto, questo ruolo particolare e delicato ha portato a Nicholson il suo primo oscar, e con lui lo vinse anche Louise Fletcher, l'infermiera Ratched.
Shining, capolavoro di Kubrick del 1980, è un horror-thriller tratto da un libro di King, e con questo ho già detto tutto. Qui Nicholson è Jack Torrence, scrittore fallito che si ritira tra le montagne innevate del Colorado come custode dell'Overlook Hotel, portandosi dietro un'insipida moglie e un figlioletto disturbato, a cui non sembra neanche troppo affezionato.
I crimini che hanno avuto luogo in passato nell'albergo, l'isolamento e l'incapacità di esprimersi hanno alla fine la meglio su Jack, che impazzisce definitivamente. Tutti ricordiamo la scena in cui spacca a colpi di ascia la porta per raggiungere la moglie "Wendy, sono a casa amore!", scena che ha un illustre precedente in Giglio Infranto (1919) del famoso regista nonchè fondatore di Hollywood David Wark Griffith (qui abbiamo Donald Crisp che aggredisce Lillian Gish).
Lascia parecchio sconvolti, forse più di tutto il resto del film, la zoommata finale sulla fotografia del salone dell'hotel negli anni '20: in primo piano c'è proprio Jack Torrence.
Infine, Il Joker. E ho messo la maiuscola all'articolo. Non perchè non apprezzi quello di Ledger (poveretto, è pure morto), ma Nicholson ha fatto epoca.  
Batman, 1989, con la regia del mio adorato (almeno fino a Sweeney Todd)  Tim Burton, è stato il primo film sella serie su Batman della Warner (seguiranno Batman-il ritorno, sempre di Burton, i poco apprezzabili Batman Forever e Batman & Robin di Schumacher, per poi riprendersi un po' con i film di Nolan). Nicholson brilla di pazzia e crudeltà accanto a Micheal Keaton, perfetto nella parte del supereroe che in realtà è fragile perchè non ha veri poteri ma solo senso di giustizia e una baraccata di soldi con cui procurarsi armi fighissime, e Kim Basinger.
Sulla cima della cattedrale di una Gotham City che sembra attingere dall'espressionismo tedesco (la scenografia non ha nulla da invidiare a Metropolis) si consuma lo scontro finale: il Joker precipita e trova la morte.
"Dimmi una cosa, amico mio. Hai mai danzato col Diavolo nel pallido plenilunio?"

lunedì 6 agosto 2012

Un racconto di guerra: l'uomo che verrà

Mi sono accorta che ho analizzato film dei più svariati paesi ed epoche storiche, ma non ho ancora parlato del cinema made in Italy. Attaccare con Fellini o Pasolini sarebbe troppo scontato e classico per me, per quanto in futuro certamente li tirerò in ballo.
Purtroppo al giorno d'oggi figure di quel tipo in Italia non ce ne sono più, e quelli che più si avvicinano non perdono occasione per fuggire e girare all'estero (come dargli torto). In un epoca in cui gli incassi maggiori sono quelli dei cinepanettoni (che per quanto "siano necessari" per soddisfare il grande pubblico non dovrebbero essere il prodotto cinematografico principale) ogni tanto sbuca qualche film che fa ben sperare in un cambiamento di rotta.
Uno di questi gioiellini è L'uomo che verrà, film del 2009 di Giorgio Diritti.
Girato tra toscana ed emilia, e ambientato durante la seconda guerra mondiale, racconta la storia di una famiglia contadina alla vigilia della strage di Marzabotto. I fatti vengono filtrati dagli occhi e dai pensieri di Martina, bambina intelligente e fragile, che ha smesso di parlare in seguito a un trauma. Sulla quotidiana lotta per la sopravvivenza e le ricorrenze importanti (come la prima comunione) grava anche il pericolo della guerra e degli abusi dei tedeschi.
Quando infine la tragedia si compirà, in un crescendo di atrocità e commozione, sarà proprio Martina, miracolosamente sopravvissuta, a trovare la forza di reagire e prendersi cura del fratellino neonato, recuperando anche l'uso della voce per cantargli la ninna nanna.
Film struggente, in un certo senso quasi neorealista (perdonate il termine usato in modo poco appropriato); girato in dialetto bolognese con i sottotitoli in italiano (che io ho ignorato perchè 1. il dialetto lo so 2.mi distraevano 3. certe espressioni locali non possono essere tradotte) ricrea perfettamente l'atmosfera e la realtà del tempo, facendoci respirare tutte le ansie, le preoccupazioni e le paure dei protagonisti. Molto apprezzato dalla critica, ricalca fedelmente gli abominevoli fatti dell'autunno del '44, compreso l'accenno a qualche personaggio realmente esistito.
Tra gli interpreti: Maya Sansa, Alba Rohrwacher e l'attore autoctono Orfeo Orlando, che ho avuto il piacere di conoscere a marzo in occasione del Festival di corti Bazzacinema (io ero lì in qualità di tirocinante-schiavetta) e che saluto cordialmente (sperando che legga il blog!!!).
Se siete dei dintorni, guardare questo film è una buon modo per ricordare la storia locale e quella dell'Italia intera.

venerdì 3 agosto 2012

Al cinema con mamma....very british

Se c'è una cosa che apprezzo sono le rassegne estive, quelle che ti propongono i film più belli/lucrosi della passata stagione cinematografica: puoi vedere, con tutta la potenza del grande schermo (anche se sei all'aperto seduto su scranini di plastica), tutte le pellicole che per un motivo o per l'altro non hai potuto apprezzare all'uscita. In particolare io e mia mamma c'eravamo perse The Iron Lady, perchè nel periodo in cui era al cinema qui c'era un metro di neve per terra e le uscite serali non strettamente necessarie non erano contemplate.
Facendo parte di una famiglia composta da 3 donne e 1 uomo (il sesso dei gatti è irrilevante), in casa mia sono sempre girati film molto strappalacrime e femminili come Fiori d'acciaio e Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, che tra l'altro sono bellissimi, ed è tradizione che almeno due-tre volte l'anno si vada al cinema con mamma a vedere cose del genere (lasciando papà comodamente a casa sul divano a vedere Un posto al sole, la soap non il film, di cui è stranamente appassionato).
Devo dire che negli ultimi anni ci siamo orientate verso film che poi hanno avuto riconoscimenti molto importanti e che per combinazione trattano di storia inglese.
Ecco allora il trittico british che piace alla mamma:
- The Queen, film del 2006 di S. Frears
Racconta di come la regina Elisabetta affrontò i giorni successivi alla morte di Diana (agosto 1997) edel suo rapporto con Tony Blair, primo ministro laburista arrivato al governo dopo quasi vent'anni di amministrazione conservatrice.
Nella parte della regina troviamo Hellen Mirren, che per questa interpretazione ha vinto una svagonata di premi tra cui un Golden Globe come miglior attrice in un film drammatico e l'Oscar come miglior attrice protagonista e che nella sua carriera ha impersonato ruoli di altre grandi donne della storia inglese come Elisabetta I per la tv (Elizabeth I, 2005) e Morgana (Excalibur, 1981, se volete farvi una risata...) Inutile dire che mia madre l'adora.
 Film molto bello che spiega bene il carattere e il punto di vista della sovrana.
- Il discorso del re, film del 2010 di T. Hooper
In seguito alla morte del padre Giorgio V e all'abdicazione del fratello maggiore Edoardo VIII (stregato dall'americana Wallis Simpson), il secondogenito Albert sale al trono come re Giorgio VI. Il problema è che soffre di balbuzie, e la cosa non è tanto simpatica, soprattutto negli anni '30 in cui ormai si richiedeva a un sovrano di tenere discorsi alla radio e alla vigilia di una guerra mondiale. L'australiano Lionel Logue aiuterà sua maestà a rilassarsi e a gestire al meglio questo disagio.
Oscar al film, alla regia e al protagonista Colin Firth, nomination come miglior attore non protagonista a Geoffrey Rush (Logue) e mezzo cast rubato a Harry Potter (ma è normale, gli attori inglesi sono bravi e girano sempre quelli) con la Bonham Carter a fare la regina, Micheal Gambon nei panni di re Giorgio V e Timothy Spall nel ruolo di Churchill.
Film toccante e delicato, campeggia nella mia videoteca accanto a Via col vento (il mio preferito); per una volta è bello vedere Helena senza gonne spiegazzate darkettone (per quanto adori lei e il suo pazzo consorte), nei rassicuranti panni della futura regina madre
- e appunto The Iron Lady, 2011, di Phyllida Lloyd
La vita della lady di ferro Margaret Thatcher, vista attraverso i ricordi dell'anziana signora. Si racconta la gioventù della determinata Margaret Roberts, l'incontro con Denis Thatcher e la carriera politica culminata negli anni da primo ministro ('79-'90).
Meryl Streep è perfetta come al solito e si aggiudica il terzo Oscar.
L'intento non è addolcire il personaggio e il suo operato politico, ma raccontare la lotta di una donna capace e caparbia per imporre ciò in cui credeva fermamente e che considerava giusto, e allo stesso tempo la fragilità di una signora che affronta la vecchiaia privata della presenza dell'amatissimo marito.


mercoledì 1 agosto 2012

Steampunk ed ecologia...i racconti di Miyazaki

Io quando guardo un film, soprattutto se l'intento principale è passare una bella serata, sono molesta.
Nel senso che amo fare commentini sarcastici, ironici e a volte cinici (o anche stupidi) e di norma la gente che vede il film con me si innervosisce e mi intima di tacere (uff...), soprattutto quando siamo al cinema, non rendendosi conto che 8 volte su 10 dico cose interessanti e inerenti alla comprensione dell'opera (sì vabbè, anche meno...)
Quindi potrete immaginare che figata è stata ieri sera vedere un film con tre maschietti che, come nella loro natura, amano fare gli idioti e sparare cavolate...tra l'altro ci siamo dedicati a cose di un certo spessore, non roba tipo The Expendables (senza offesa per Stallone e gli altri...).
Il film in questione era Laputa - Castello nel cielo, del bravissimo (e purtroppo in occidente per molto tempo sottovalutato) Hayao Miyazaki. Laputa è dell'86, ma, come molti altri suoi film (es. Il mio vicino Totoro '88, Porco rosso '92) precedenti all'oscar meritatissimo de La città incantata (2001) è stato distribuito in Italia solo negli ultimi anni.
La storia è un miscuglio di temi cari al regista (che bella la natura, scenari post-apocalittici, bambini che arrivano da non si sa dove), anticipazioni de Il mistero della pietra azzurra (che scopro ora essere una specie di rifacimento del film) e tutti gli annessi e connessi verniani e steampunkosi (si può definire Jules Verne steampunk????bè, forse è il fondatore del genere...).
La piccola Sheeta fugge da una nave volante e cade nel vuoto; a frenare la sua caduta ci pensano il suo ciondolo azzurro (ovvio) e il piccolo minatore Pazu, che al mattino si diletta a suonare la tromba sul tetto con i suoi colombi (meravigliose genialate senza senso di Hayao).
Si scopre che la ragazzina è l'ultima discendente e vera sovrana di Laputa, un'isola galleggiante nel cielo (Cameron con Avatar non si è inventato niente), che anche Pozu conosce perchè suo padre la fotografò anni addietro. Sheeta è inseguita dall'esercito del colonnello Muska, che vorrebbe il potere di Laputa, e da una banda di sgangherati pirati dell'aria, che invece vorrebbero il ciondolo (pari pari ai tre ceffi della pietra azzurra, ma questi sono 3 scapoloni capitanati da una fortissima mamma, che ha la faccia tipica delle vecchie di Miyazaki).
Con l'aiuto dei pirati (che in realtà sono buontemponi) e di Pozu, Sheeta riesce a raggiungere Laputa ma, per sottrarla dalle mire di Muska, pronuncia una parola segreta e la distrugge; rimane soltanto un immenso giardino volante con al centro il grande albero e la figura poetica del solitario giardiniere robot, che vivrà in eterno e felice in compagnia di piante ed animali.
Piacevole film e bellissimo modo di passare la  serata, nonostante battute che sconfinavano nel cattivo gusto ("Ma lo sanno che con un titolo così non lo possono distribuire in Spagna?"), ma che si può fare, sono uomini...