venerdì 24 agosto 2012

Cinema e letteratura made in China...il fascino delle lanterne rosse

Sono sempre stata incredibilmente attratta dall'oriente...dalla Cina per esempio.
Credo sia particolarmente interessante il fatto che un regime autoritario, iperconservatore e statico come il fu sistema imperiale sia riuscito a produrre grandiose opere d'arte, d'architettura e raffinatissime espressioni culturali, molte delle quali distrutte o accantonate con la rivoluzione culturale. Ma io non sono qui a fare politica.
Un'eco degli antichi fasti si può rintracciare in Addio mia concubina (1993) di Chen Kaige: tre personaggi per una storia raffinata, che lascia l'amaro in bocca. Al centro del triangolo amoroso troviamo Duan Xiaolou, cantante e attore, che è amato platonicamente e istericamente da Cheng Dieyi, suo partner in scena, e carnalmente desiderato dalla prostituta Juxian. Se da una parte Xiaolou rivela una mentalità aperta (sposa Juxian e prova un affetto fraterno nei confronti di Dieyi, pur conoscendo i suoi veri sentimenti), alla fine l'avranno vinta il suo egoismo e la sua paura: in pericolo a causa dei rivolgimenti politici del paese, non esita a rinnegare la sua vita e la sua arte, causando l'inevitab ile tragedia finale.
 Il titolo, Addio mia concubina, deriva dall'opera lirica che insistentemente viene riproposta dai due attori in scena: il compianto Leslie Cheung interpreta magistralmente il suo ruolo femminile, facendoci capire quanto a suo agio sia dietro la maschera della concubina. Un'affresco triste e prezioso su un mondo, la ricca ed esageratamente curata lirica cinese, che non tornerà più.
Lanterne rosse (1991) è forse il capolavoro del regista Zhāng Yìmóu,più conosciuto al pubblico per lo sboronissimo La foresta dei pugnali volanti (che personalmente non mi ha fatto impazzire).
Gong Li è Songlian, quarta moglie di un ricco nobile, nella Cina degli anni '20. Nella cornice elegante ed asfissiante della grande casa, si consumano le gelosie e le prepotenze di queste donne, la cui sola ragione di vita è ottenere le lanterne rosse, segno del favore del loro signore.
Se nel libro Mogli e concubine di Su Tong, da cui il film è tratto, venivano messi maggiormente in risalto l'interiorità e i pensieri di Songlian, il regista mette l'accento sui rapporti di rivalità tra le mogli e la lotta per il prestigio, che porterà solo morte e follia.
Con Amy Tam ci spostiamo sull'altro lato del Pacifico: statunitense ma di origini cinesi, è l'autrice di un toccante romanzo al femminile, Il circolo della fortuna e della felicità, da cui è stato tratto un (ahimè) non troppo famoso film nel 1993, diretto da Wayne Wang.
Il circolo della fortuna e della felicità riunisce quattro donne cinesi, emigrate negli Stati Uniti in seguito ai dolori e alle delusioni patite in patria: durante la guerra Suyuan, credendosi vicina alla morte, ha abbandonato le sue due gemelline sperando di garantire loro un futuro migliore; Lindo è riuscita con furbizia e destrezza a sottrarsi a un matrimonio combinato; Am-Mei ha vendicato la madre ingannata e disonorata e Ying-Ying è scappata dal crudele marito, perdendo però il suo bambino.
Anni dopo le loro figlie, nate e cresciute in America, più o meno felici o di successo ma comunque integrate nella loro società, ritrovano sè stesse e il proprio valore nei racconti sofferti delle madri.
Una dimostrazione della forza e della pazienza delle donne.

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